Il 1° novembre 2009, festa di Ognissanti e giorno delle Beatitudini, Mamma Natuzza da Paravati, in odore di santità, è tornata felicemente al Padre e alla “sua” Madonna che ha tanto amato e servito, lasciando, in migliaia e migliaia, sparsi nel mondo come in Canada, Argentina e Stati Uniti, orfani del suo amore materno senza fine e senza misura e sempre gratuito e solo ripagato da una semplice preghiera. Quegli stessi orfani raccolti in cenacoli, lievitati a dismisura in questi anni, non hanno abbandonato Natuzza in questi anni e sempre in raccoglimento davanti alla sua tomba nella cappella della Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime” nella Cittadella di Maria, ai piedi della statua della Madonna realizzata dallo scultore Corda Moroder che l’ha riprodotta fedelmente come indicatogli dalla stessa Natuzza.
Sono i suoi figli spirituali che hanno cominciato ad avere bisogno di lei già dal 1940, quando ancora giovanissima, le apparve sul vestitino una croce di sangue. È da qui che è iniziata la sua Passione e la sua felicità durata sessant’anni.
Ormai, da tutti questi anni, Mamma Natuzza soffriva e sanguinava, durante la Settimana Santa sin dal mercoledì santo. La donna, che parlava con gli angeli, con i morti ed aveva il dono della bilocazione, viveva puntualmente ogni anno il dramma della passione di Cristo: sul suo corpo comparivano tutti i segni della sofferenza di Gesù durante la crocefissione e la flagellazione, e al contempo riviveva, ormai da quando aveva appena 10 anni, il fenomeno delle stimmate che durante il periodo quaresimale le si riaprivano. Ma il venerdì santo era qualcosa di straordinario, inspiegabile, era il giorno delle terribili sofferenze che affliggevano atrocemente il corpo ma non l’anima di Natuzza, dalle 11 alle 14.30, il tempo in cui si è compiuto il sacrificio estremo di Cristo: dal Calvario alla Croce.
E non solo. Altro aspetto veramente incredibile, soprattutto in considerazione del fatto che l’umile serva non sapeva leggere né scrivere, sono state le sue precognizioni mediche: è riuscita in centinaia di casi a diagnosticare con esattezza e con terminologia appropriata, il tipo di malattia di cui le persone, accorse da lei, erano affette e molto spesso, a giusta ragione, si è espressa in modo contrario all’assunto dei medici.
Mamma Natuzza ha rappresentato in vita, un fenomeno di straordinaria umanità, una figura carismatica nata e coltivata soprattutto dalla semplicità, dai suoi atteggiamenti. Intorno a lei si raccolgono folle oceaniche di fedeli nella spianata della “Villa della gioia” davanti a quello che sarà il sagrato della “grande e bella chiesa” che, per volere della mistica di Paravati, è in fase di realizzazione.
E non solo. Già da questo è stata avviata, da Mons. Luigi Renzo Vescovo di Mileto-Tropea – Nicotera, l’istruttoria della causa di beatificazione.
Sono innumerevoli anche gli scettici, gli increduli, i curiosi, (tra artisti, giornalisti, studiosi, gente dello spettacolo, scrittori e uomini di scienza) che si sono accostati alla mistica di Paravati e tra questi anche il nostro compianto Sharo Gambino da Serra San Bruno, la Voce delle Serre. Nella sua pubblicazione Accadde in Calabria, edita nel 1989 dalla Mapograf di Vibo V., un capitolo è titolato Il lungo calvario di Natuzza Evolo. È la testimonianza dello scrittore scettico derivata da un incontro con Mamma Natuzza nell’anno 1973, assieme al fratello Franco in veste di fotografo tollerato dalla stessa. Gambino comincia a raccontare che “di fronte a Padre Pio, a Monte Rotondo non mi commossi. E restai in piedi, unico e solo, mentre egli tornava nella cella tra due ali di uomini genuflessi. Poco prima che mi passasse accanto, aveva tirato con uno strattone il cordone di frate dalle mani di un devoto che glielo baciava e a quel poveraccio, con voce furente, aveva gridato: ‘vattene, diavolo, vattene!’”.
Il Gambino, di fronte alla mistica, temeva lo stesso trattamento. Non fu così: “non mi scacciò. Non ero quel diavolo che mi reputavo di essere.” Anzi. Il “diavolo serrese” si commuove. “La sua semplicità, quel suo parlare piano[…] hanno piegato la mia sfrontatezza. Non le ho, infatti, rivolto molte domande; mi sono chinato, direi con venerazione, sui segni che, come ogni anno nel periodo quaresimale, le appaiono sui polsi.”
Che dire? Davanti a Mamma Natuzza anche uno scettico come Gambino si intenerisce e comincia una descrizione appassionata, dolce. “ La donna ha il volto tumido, leggermente pallido. Si vede che soffre, anche se lei lo nasconde. Così come nasconde la stanchezza fisica, che le deriva dal conversare con la gente, che ogni giorno, ormai da più di quarant’anni la va a visitare; dal parlare coi morti o farsi tramite perché i defunti possano colloquiare coi vivi (vero o apparente che sia); dallo spostarsi, farsi vedere là dove fisicamente non è, anche a migliaia di chilometri di distanza; e dalla lotta con lo spirito del male che la tormenta continuamente, l’atterrisce; e dal sopportare lunghissimi digiuni, durante i quali non le è consentito ingoiare sia pure una goccia d’acqua; e dalle essudazioni sanguigne.” Una prima sintesi dello scrittore serrese è che quello che accadeva a Natuzza “rivela il dramma di una donna indifesa, dal cui corpo si sprigionano forze che non si possono controllare” e aggiunge “da qualunque punto di vista lo si guardi: scientifico, religioso, scettico o di semplice curiosità”. Insomma “il dramma di una donna vittima di qualcosa che la scienza non ha individuato e per il quale, quindi, ha potuto soltanto azzardare ipotesi”.[…]
Di fronte a ciò che manifestava Natuzza, uno scettico dichiarato come Gambino “è indotto a meditare e a rivedere le proprie concezioni. Se, infatti, scientificamente possono sufficientemente spiegarsi le visioni, la telepatia, la bilocazione, le stigmate, le essudazioni sanguigne, i discorsi profondi e in lingue ignorate totalmente dal soggetto che parla, la telecinesi, altre manifestazioni sfuggono ad ogni tipo di spiegazione razionale. Per esempio, le emografie.”
Spesso questi disegni col sangue con l’aggiunta di frasi di carattere religioso scritte in latino, in inglese, francese e perfino in greco venivano asciugati o trasmessi volutamente su fazzolettini come prova inconfutabile. Gambino ha avuto contatti con i fazzoletti definendoli “una sintesi ed insieme una completezza da far pensare alla mano di un artista assai esperta e matura.”
E non solo. Queste emografie, spesso, varcavano i confini di Paravati e pervenivano a distanza non indifferenti come Verona dove nel 1972 si sono manifestate ad una signora.
Fenomeno inspiegabile se non si è confortati dalla Fede. Lo stesso Gambino si chiede: “il sangue è, al contrario del pensiero, vera e propria materia e non viaggia se non trasportato. Chi, dunque, trasportò il sangue della Evolo a Verona e con esso disegnò i mistici segni?”
Per il prof. Giovanni Schepis, segretario della Società Italiana di Metapsichica, come riportato da Gambino, Natuzza è stata “una medium dei forza eccezionale”. Anche da morta opera in questa direzione. Da sola? No! E chi, se non l’Assoluto le è vicino!
Qualsiasi spiegazione si può dare accompagnata da dubbi, ma un fatto è certo e lo ammette lo stesso Sharo Gambino nel concludere la sua esperienza de visu davanti alla Mamma di Paravati: “Qui la gente viene, ogni giorno a pregare, a parlare con Natuzza, a sostare in preghiera […]ma non si celebra una messa. Non l’ha voluto il vescovo. La Chiesa non si pronuncia.”
Dalla visita di Gambino ad oggi ne è passata di acqua sotto i ponti. A Paravati ai piedi della tomba di Natuzza sta sorgendo, per sua volontà, il villaggio della pace dedicato al Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle anime con annessa costruendo grande chiesa. Oggi la Chiesa ha avviato la procedura di beatificazione.
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