Un’umanità poetica non limitata ma che si espande generosamente sino ad abbracciare uomini e natura, la sua donna e la sua aria
“Pienamente si vive se l’amore è con noi. Niente del mondo è straniero ad un cuore che ama.” (Prefazione in Sorrisi d’Amore, Cirò 1998). Su questo suo assunto, su questo basilare tema dell’amore, amore espresso in tutte le sue incidenze sentimentali, si innestano i valori poetici nonché umani del crucolese Giuseppe Barberio, Dirigente scolastico e prolifico scrittore e poeta; reduce, tra l’altro, dal recente riconoscimento letterario attribuitogli a Rende al Premio Letterario Amaro Silano 2015 per la Sezione dialettale, col libro “C’era ‘na vota Cannilevaru” edito da Progetto 2000 di Cosenza.
Il suo scrivere, il suo verseggiare è un tutt’uno con l’amore per la terra, per le radici e scrive come parla la sua gente, suo padre, e lo fa per non recidere quel cordone ombelicale che ci nutre di terra arida sì ma bella e tenera nel cuore. L’umanità del nostro poeta non è limitata ma si espande generosamente sino ad abbracciare uomini e natura, la sua donna e la sua aria: “Il tuo sguardo/soave e superbo/mi conduce/nei cieli dell’aquila!/ respiro gli spazi infiniti,/dolcemente planando/con te/incontrastata regina/del mio cuore.” Nella poesia del Barberio “c’è musicalità sobria e felice, che culla promesse e speranze…I versi…sembrano finemente cesellati con lo scalpello sul marmo” come scrive Francesco Fusca in presentazione al primo lavoro editoriale del crucolese, la raccolta “Dolci profumi” del 1996.
In questi anni Barberio ci ha regalato belle ed incisive pubblicazioni quali, oltre le citate, “senza tempo” (1997), “’A sardeddra ‘e Crucuddru ( 1997/, “Preziosi tesori (1999), “’A simenta” (2003), “Maria SS. di Manipuglia – Volgi lo sguardo a Crucoli, poesie di fede e di memoria dalle curve del cuore” (2005), e l’ultimo del 2015 “A casa ‘e pezzenti ‘un manchinu…shtozzi” ed altri ancora.
Sfogliando le preziose pagine del suo itinerario poetico e umano se ne ricava una poesia “amore” espressa in uno stile sobrio, essenziale, che evita l’aggettivo roboante, che frena la spinta all’afflato lirico in una pacatezza di parola sempre più affinata e penetrante fino ad una raggiunta misura del poetare che consente alla sua poesia un’impronta inconfondibile.
Domenico Torchia scrive che “la poesia di Barberio è discorsiva e colloquiale, autocoscienza e contraddittorietà di una civiltà in crisi per carenza di scelte che uniscono la convivialità delle diversità antropiche del nostro tempo…”. Insomma, dotato di quella rara virtù di sintesi e di semplicità che è proprio dei temperamenti più sicuri, il Barberio riesce estremamente efficace nell’espressione di sé stesso, dei riflessi del mondo che lo circonda ed anche delle immancabili ansie del suo pensiero e del suo quotidiano: “Vivevo ingabbiato/in un/malinconico/grigio./Poi/ho incontrato/Te,/Stella d’amore!/Ed/ho aperto/il cuore/alla speranza.”
Ed ancora. Nella struggente lirica Il dono l’amico Peppe scrive di “Marine aperte e spumeggianti/regno di incontrastati gabbiani,//calanchi assolati e scoscesi/baciati da falchi reali,//verdi foreste lussureggianti/cantate da meravigliosi tucani,//biancheggianti e possenti cascate/che osservano uccelli incantati,//sbiadite al cospetto di Lei/e perdete il profondo richiamo!//Amore mio dolce e solare,/mia forte compagna per sempre,//stringi più forte al tuo cuore/il dono più alto che ho avuto://questa libertà bella e selvaggia/questa angelica e santa libertà.” È poesia coinvolgente e di alta liricità nella quale, scrive Mons. Antonio Staglianò, “ci troviamo coinvolti, ne va proprio di noi, delle nostre speranze e illusioni, dell’incanto del mondo nel sogno della felicità che ci appartiene da sempre, della giustizia e dell’onore dei nostri affetti più cari e dei nostri legami più sacri, del bisogno di comunione/comunità, senza il quale resteremmo smarriti nella disperazione della nostra solitudine.”
E questo bisogno, Barberio, lo esprime ogni giorno, nella poesia come nella sua quotidianità di educatore e lo fa per ricordare visto che noi della civiltà postmoderna siamo soltanto dei numeri codificati in ogni agire della vita, dalla nascita al tramonto dell’esistenza. Insomma può succedere ed anzi sta già accadendo che andremo a perdere la nostra identità, la nostra storia, il nostro passato, il nostro essere, il nostro nome, la nostra terra per mano di coloro che devastano la bellezza e i sogni, che fanno scempio là dove si è creato, costruito, seminato, là dove i nostri padri col sudore della fronte si son spezzati la schiena. Insomma ricordare, fare memoria, non mettere una pietra sopra a tutto ciò che comincia ad avere a che fare l’ieri.
È un poeta giovane, Barberio, ma già di altri tempi, perché, come scrive V. Santoro: “ Sorprende la sua estatica, commossa partecipazione alla vita che lo pone in posizione originale, autenticamente libera rispetto a tanta cultura della morte…in un tempo ‘tragico’…dominato dallo scetticismo e da un relativismo gnoseologico e morale angosciante, che spiazza e disorienta, che lascia gli uomini senza punti di riferimento, in balia del dubbio, che ha generato dal suo intimo quel trionfo dell’effimero, che scompone e disgrega e rende provvisorie e occasionali le mode, ma anche i modelli culturali e i valori morali, egli, in controtendenza, innalza un inno alla vita.”
“In un mondo/maleodorante/e sgualcito/di esseri/intenti a strisciare/servendo/ la terra/noi/siamo nati/per volare/spargendo/divini profumi.”
Ed ancora. “Tu/sei/nel/respiro/del/giorno//sono/libero/nei/tuoi/lacci/d’amore.”
Non è sicuramente poesia esplosiva, ma testimonianza di una vena poetica robusta, di sapiente musicalità. È poesia dal tono intimista, carica d’amore, di dolore e di speranza, di non gettare nella vacuità le fatiche del passato, quella speranza ancora possibile da trovare fra la gente semplice e nobile di cuore. Sono liriche altamente didattiche, cariche di emotività, chiare nella comunicazione, con esiti di spontaneità e di immediatezza.