Antichi riti novenari, meditazioni e preghiere nella storia di Mesoraca, il paese dell’Ecce Homo e di Don Matteo Lamanna
La Madonna, come scriveva il Cardinale Schuster, è “l’aurora annunciatrice del giorno che già sorge dietro le colline eterne; è il fiume nuovo che scorga dal paradiso e s’appresta ad irrigare il mondo intero”. È la Madre che ogni uomo, ogni figlio, da qualsiasi angolo dell’ecumene, la invoca a modo suo, a parole sue, con la sua lingua dotta e con la sua lingua povera, ma soprattutto la invoca col cuore.
“Sagghia ‘ncielo, o gran regina / e de stelle si ‘ncurunata./ E de nue u ‘tte scordare / ‘ppè ra tua felicità”. Questa bella invocazione – poesia del cuore, fa parte della corposa e didattica raccolta, frutto di una ricerca di antiche e vecchie preghiere, novene, meditazioni tramandate, dettate e trascritte in lingua e in dialetto mesorachese e che costituiscono il prezioso lavoro editoriale di Stefano Cropanese Preghiere popolari di una comunità cristiana quella di Mesoraca che custodisce da secoli il taumaturgico Ecce Homo, bellissima statua lignea seicentesca di Fra’ Umile Pintorno da Petralia.Si tratta di un lavoro di profonda speculazione ed accuratamente documentato tra l’antropologico e lo spirituale, tra i canti e le preghiere, tratte per lo più da momenti novenari celebrati nella nobile terra di Mesoraca, più sentite e meglio tramandate fino ad oggi dal popolo orante.
È un lavoro che segue le tante pubblicazioni agiografiche e non solo ospitate in questi anni da giornali e riviste specializzate quali “Petrus” quotidiano on line, Quaderni Siberenensi, Bollettino Ceciliano. Famiglia Cristiana e La Prealpina. Oltre a tanto, l’amico Cropanese è un instancabile studioso e divulgatore della figura di Papa san Zosimo e di Don Matteo Lamanna entrambi di Mesoraca. Siamo davanti ad una arricchita ed arricchente raccolta di “esperienze di preghiera” e novene intese come preghiera – poesia “espressione del cuore umano”, “pratiche di pietà popolare”. Preces e profundo corde, è questo il senso del libro, tutto intriso di un variegato panorama di sentimenti, impressioni e pensieri che fanno di Stefano Cropanese un Maestro della poesia religiosa, della pietà popolare e latore di un dono prezioso, libro che, col passar del tempo diviene, dantescamente ‘digesto’, digerito .
È un libro ricco che denota il ricercatore puntiglioso e ciò testimonia un lungo lavoro. Raccoglie i due momenti della vita del popolo che sono quello della vita di tutti i giorni e quello afferente ai momenti religiosi, alle feste liturgiche spalmate lungo l’arco dell’anno. Un lavoro che, pur nella sua semplicità e popolarità, arricchisce perché, come diceva il compianto Mons. Giuseppe Agostino “ in questo tempo incerto la storia non la salveranno le idee ma il cuore dell’uomo nella sua profondità e il linguaggio della pietà polare non è subalternità alla preghiera dotta, che non esiste, è preghiera che promana dallo spirito di Dio, alito d’amore, amplesso d’amore, agape”.
Insomma, pur nella diversità di espressioni, di linguaggi, di identità e cultura, per Agostino “lo spirito conosce ogni voce, l’unica Fede ha diverse antenne, perché il cuore lo conosce solo Dio, lo legge solo Dio.”
Già, il cuore, “solo che il cuore non è sempre ben educato, la pietà popolare non è sempre ben educata e questa spesso diventa religione di se stessi”.
Insomma religione del proprio orticello, rubinetto delle proprie esigenze e delle proprie desiderata. E se questa forma di religione o religiosità “non diventa fede, non incide nella storia e nelle problematiche del tempo”.
Tornando al libro, che si apre con ampie pagine documentate dedicate ai tre personaggi illustri di Mesoraca quali, come li titola lo stesso Cropanese, “Papa san Zosimo I da Castel Reazio”, “Don Matteo Lamanna apostolo di Cristo nella Calabria del Settecento” e “Maria Stella Pollizzi icona silenziosa della vera castità”, una pia donna insomma, il libro trasmette alle nuove generazioni, perchè non vengano disperse tra i meandri dell’oblio, una serie di litanie e novene recitate in occasione di feste liturgiche tra la gente mesorachese. Abbiamo le novene, giusto per citarne qualcuna, ma tutte meritevoli di essere anche approfondite perché no, quali quella ai “Dodici Santi” introdotta nella chiesa della Candelora nel 1870; quelle a san Nicola, all’Immacolata nella chiesa dell’omonima Congrega eretta nel 1781; quella del Natale cantata nella chiesa del Ritiro, alle prime ore del giorno, davanti a “u Bbomminuzzu”, pregevole scultura lignea settecentesca eseguita da un artista di Serra San Bruno. Sfogliando altre pagine si ricava un Settecento molto importante e significativo per Mesoraca, un secolo di “rinascimento calabrese” come lo definisce lo stesso Cropanese. Per limitarci alla sola antica Reazio basta ricordare che vi erano fiorenti due Accademie culturali, quella detta degli “Addormentati” e quella dei “Risvegliati”. È il secolo che vide l’edificazione di quel prezioso scrigno d’arte barocca che è la chiesa del Ritiro. È nel ‘700 che vide la luce la “Via Crucis” composta da Pietro Metastasio cantata dai fedeli di Mesoraca, “paese di cantori”, ancora oggi e della cui struttura Cropanese ci offre un’ampia e dettagliata descrizione. Il libro ci tramanda ancora tante altre novene, preghiere e coroncine e, di particolare interesse, in appendice, il manoscritto di una meditazione di Don Matteo Lamanna su “Il dominio di se stesso” sulla vita di Ippolita Grillo.
Al postutto non posso non affermare che il libro dell’amico Stefano è piacevole da leggere per l’intensità e profondità dei contenuti, per la dovizia dei particolari storici documentati, per i richiami teologici e per la speculazione antropologica.
Mi perdoni il lettore di questa nota e del libro ma, volutamente, mi fermo qui, non vado oltre per non disturbare la sua curiosità e il suo interesse.