?? Pinsati?? Manca… un piede”, come critica al sistema, esortazione ai politici, condanna all’astensione, appello all’unione.
Il libro, oggetto di questa nota, e tutta la produzione poetica che fa seguito ti avvinghiano sin dalle prime righe, sin dalle tante battute, con quei versi ed espressioni come scolpiti nel marmo, tanto sono curati, immediati ed incisivi. Il tutto, lo senti leggendolo, non avrebbe potuto essere scritto in altro modo, perché dice esattamente ciò che deve dire. Sto scrivendo, e fieramente, dell’opera di Giacinto Damiani da Serra San Bruno, poeta per passione sociale, fustigatore come il suo grande Maestro, quel Mastru Bruno Pelaggi, del quale è “ uno dei più accesi simpatizzanti” come scrive Luciano Calabretta. Il lavoro editoriale del Damiani dal titolo enigmatico, misterioso con quei punti interrogativi che ti stimolano alla riflessione è “ ?? Pinsati?? Manca… un piede” edito, in proprio, nel marzo del 2015. Un bel lavoro dalla forma lirica con un’architettura linguistica preziosa seppur non sempre fedele all’originale ma volutamente per raggiungere immediatamente il moderno e giovane lettore tecnologico. Il tutto impreziosito da immagini forse un pò folcloriche che dànno meglio l’idea.
Perchè questo “libello? Intanto Damiani lo dedica a “Mastru Brunu, alla Treccani, alla Pro Loco” e le motivazioni sono sintetizzate in terza di copertina :“Una critica al sistema, un’esortazione ai politici, una condanna all’astensione, un appello all’unione.” E sì perché “se manca il cittadino, ‘manca un …piede’. Crolla tutto”. Da qui il senso del titolo. La Treccani? E già, il Damiani da tanti anni scrive e fustiga i “troppi ladri e i fannulloni, le troppe ingiustizie e le sperequazioni” ma il “libello” prende avvio dal momento in cui la famosa Casa Editrice con la sua prestigiosa Enciclopedia ha voluto dedicare una pagina al nostro Mastru Brunu, al Volume 82 (2015). “Duoppu chi Mastru Brunu/ trasiu ntra la Triccani,/ io mi lu nsunnavi/ e sintiti chi mi dissa./ Risbigghiati, sgadinati l’uocchi/ e li ricchi rivota,/ ca io puozzu parrari/ sulu pi na vota…”. Il curatore della pagina Treccani il prof. Gabriele Scalessa, fra l’altro, scrive che la “poesia di Pelaggi risentì degli accadimenti che riguardarono il Meridione. È infatti sulla consapevolezza del ritardo di questo rispetto al resto del Paese che Mastru Brunu scrisse alcuni fra i suoi componimenti più celebri, inseguendo un’idea di letteratura che, scevra da preoccupazioni estetiche e votata piuttosto all’impegno politico-sociale, lo rese una delle voci più significative della poesia in dialetto calabrese fra i due secoli.” Su questa scia si muove anche il buon Damiani che, con i suoi versi e racconti ed aneddoti, vuol fermare e formare, come scrive in premessa, la “troppa gente[…] vergognosamente strapagata per non disturbare il manovratore.” Stiamo leggendo insieme, per dirla con le parole ancora di Calabretta, un “ libro attuale e toccante, [che] coinvolge dalla copertina al contenuto in cui, passato e previsioni, riflessioni e poesie, si intersecano e fanno rivivere sempre, lo spirito del Poeta”. Damiani, come il poeta scalpellino, invita a darci una mossa perché “o invertiamo subito la rotta o ci estingueremo, anzi ci estingueranno, rapidamente. La democrazia, come la carità, sono una scelta, se imposte diventano brutali vessazioni.” Come dargli torto! Faccio mie le espressioni di Vito Tassone secondo il quale Damiani “è come se volesse rendere, con le poesie e la pungente ironia delle stesse, meno brutta, quasi gioiosa, una realtà dura da comprendere e accettare.” Insomma Giacinto Damiani, dalla popolare platea di “lu chianu di nitila” ha saputo tracciare un volo ben articolato che chiaramente evidenzia la sua figura a tutto tondo di uomo – poeta-scrittore – osservatore amante della sua e nostra terra, della montagna, della gente, delle bellezze naturali ed architettoniche che il buon Dio ha voluto regalare a La Serra. Ma! Ma tutto così barbaramente trascurato e grazie all’egoistica indifferenza dei nani politicanti ed anche, perché no, da tanti suoi abitanti incapaci di cum-prendere la bontà e la valenza di quel che il Santo di Colonia aveva scelto per la sua ascesi al Cielo. Dulcis in fundo, l’opera sicuramente meritoria dell’amico Giacinto, nella veste di presidente del comitato civico “Anonimo Serrese”, è quella d’aver risvegliato le coscienze degli amministratori e dei residenti della città della Certosa ed aver ottenuto di realizzare nel cimitero monumentale una degna lapide commemorativa che ricordi alle future generazioni il “poeta scalpellino”, relegato, finora, in un anonimo ossario, il Mastru Brunu Pelaggi, finalmente e meritatamente voce della storica Enciclopedia Treccani. E scusate se è poco!