Sulla nuova raccolta della poetessa sorianese domina un turbinare di sentimenti, di sensazioni, di moti del cuore
Già nel 2011 ci aveva regalato la raccolta, Anima mia, che costituiva il percorso, talvolta travagliato, di sensazioni colte nell’attimo del loro costituirsi in sentimento ed espresse poi sulla pagina per essere accolte come prezioso dono, come nella lirica che ne dava il titolo: “Anima mia / candore sui miei grigiori / voce d’una coscienza inquieta / tronco che sorregge spostamenti del ventre, / tu. / Irragionevole freddo / dentro appiccato roghi / giovane volto d’amore. / Anima mia / mia ombra / spirito mio / che s’invola e plana nelle mie carni / come un falco reale / che sovrasta i suoi monti. /Anima / mia sola anima.”
Più avanti il percorso continuava con l’altra silloge che pone sempre l’amore al centro della vicenda umana, un amore che prende uomini e natura Mi dico ti dico meglio esplicitato con i versi “Mi dico, ti dico / addio / e mi par di morire./ Ogni ora par breve / innanzi alla ribellione del sangue / ma nulla poss’io / né scioglierti nelle carni / né mescerti.// Mi dico, ti dico / addio/ Come un serpente / senza pelle / sento il supplizio / della dolorosa veemenza / e mi par di morire. // Mi dico, ti dico addio. / L’ultimo tuffo / avvolge in una rete d’oro / lo spasimo d’un sogno e mi par di morire / dentro questo naufrago cuore / che seppur sente s’arrende. // E mi dico e ti dico, addio.” Piace ripetermi e ribadire che si tratta di un amore che conquista e distrugge per poi avvertirti che nella vita non tutto scorre come si vorrebbe o come il cuore desidera. Insomma pensieri e parole si fondono e la poesia si snoda elegantemente e dal cuore scende fin sul reale, con un coinvolgente poetico dire nel quale si acclarano le molteplicità dei suoi stati emozionali e la sua voce va oltre il silenzio. In un continuum, nella più recente raccolta (2016) si avverte una sorta di anelito verso un hic et nunc, un suo dove e un suo quando che coordinano, determinandolo,, un periodare asciutto, estremamente ricco e denso di poeticità. Poesia che scaturisce da un apparente risorgere di memoria per avviarsi, strada facendo, verso verità ottimali e balzi emotivi di intensa fattura. Qui c’è dentro e ci vive “il cuore immenso di tutta una terra che colora d’ogni nostro colore ogni singola riga di queste poesie che ci appartengono come fatto collettivo e si frammentano in tante nostre penne che sono, alla fine, un unico grande calamaio di un romanzo che appartiene a tutti”, come scrive, in prefazione, Gioacchino Criaco, lo scrittore calabrese di Anime Nere.
Sono altre liriche di Marianna Stirparo, in arte Noela Firmian, romana di Soriano Calabro, acclarata ospite della nostra Rivista. Sto dicendo della raccolta Furore, edita da ANIMA Grande di Roma, ben illustrata, in copertina, dal disegno “ La zingara” di Lucia Proietti e che si avvale anche della collaborazione grafica del videomaker e direttore artistico Giorgio M. Stirparo.
Ci troviamo a leggere e cum-prendere una corposa e al contempo agile silloge che ci regala ben centotto componimenti, centotto liriche che paion di antica origine romanza, vicine al Goethe che è espressione di lirica pura, documento di uno stato d’animo.
Domina su tutta la raccolta un turbinare di sentimenti, di sensazioni, di moti del cuore. “Giungere al tuo cuore/ è come scavare la terra/ lentamente, per grado, arrivare/ come si arriva all’acqua/ con le nude mani e l’infuocate labbra.” Ed ancora. “La pioggia/ quando cade obliqua/ urta contro i sogni/ lancia proiettili sul cuore.” E in un’altra lirica l’amica Noela confessa come “invisibile il tempo/ smuove l’aria. Non so da dove arriva il vento/forse dalle strade/dove ho imparato a sorridere e a piangere/a non cadere./ Il miracolo sta nel non dimenticare.” Continuando a sfogliare, pagina su pagina, si leggono versi minimi, asciutti, immediati, ma sempre in moto continuo che chiedono amore e al contempo si fanno preghiera. “Rincorro il vento/ cercando una sconosciuta stagione/ non m’ha maturata il sole./ Mi soccorra presto il tempo/ ch’io soffro la quiete e il movimento.” E “Finchè ardo di desideri/m’è chiara la vita.”
Leggendo altre liriche se ne ricava che quest’ulteriore prova editoriale dice, ancora una volta, come la poetessa sia lontana dalle astruserie di certe mode cervellotiche o di manierismi espressivi. In lei tutto è semplice. Tutto è immediato e vivo come sorgente d’acqua di fonte. Ed è proprio la freschezza che caratterizza il canto lirico della Firmian perché ella nei frammenti concreti della sua vita costruisce e scopre le sue emozioni: passato e presente, gioie e perplessità, si fondono e diventano il filo conduttore di immagini piacevoli. Leggiamo insieme: “Non lasciar andare la frettolosa allegria/ prendila fra le tue braccia/ e di lei consumati./ La combustione è quell’alto rischio/ di rendere eterno un gesto/ che facilmente sfugge alla fedele promessa./ Vivono d’un solo istante/ il vento, la folgore/ l’amore e tu, insieme.” Al postutto non posso fare a meno di sottolineare che tutto l’itinerario poetico della poetessa della Città di san Domenico, affascina, intriga, capace, come è, di catturare anche il più distratto dei lettori e lettrici. Certamente perché è tutta intrisa di buoni sentimenti dei quali oggi si sente gran mancanza, immersi come siamo in un clima spesso pervaso di ostilità e di povertà relazionale.