Per quanto abbia manifestato in maniera decisa e convinta il desiderio di voler concludere i suoi giorni a Soreto, il Cielo ha voluto altrimenti. Il caro Padre Certosino, conosciuto e amato da tanti amici e fedeli nel corso degli anni vissuti prima in Certosa, poi nell’eremo di Soreto, si è spento improvvisamente, senza poter dare direttive finali circa le sue aspirazioni. Padre Elia segue, quindi, la “prassi” del rientro nella Comunità di Serra San Bruno, per la tumulazione nel piccolo cimitero accanto ai suoi confratelli. In fondo, tutti noi crediamo che sia una decisione giusta, nel senso che siamo lieti di saperlo nel luogo della comunità certosina che lui stesso ha scelto fin dall’età di 19 anni, piuttosto che solitario in un luogo da cui, nonostante il forte e intenso legame, è stato allontanato suo malgrado.
Si è già scritto molto della sua persona e della sue scelte, resta da fare qualche considerazione sul messaggio che questo Certosino “sui generis” con la sua vita lascia ad ognuno di noi. I Serresi hanno fatto abitudine alla presenza spirituale dei Certosini, perfino abitudine indelebile a S. Bruno, considerato lo sposo di Serra, ma conviene soffermarsi sul significato che trasmette questa particolare scelta di vita monastica, austera come nessuna, apparentemente chiusa al mondo, specialmente oggigiorno in cui la spiritualità appare sommersa dal materialismo e individualismo. Padre Elia era un bell’uomo, gioviale, sempre sorridente, soprattutto comunicativo, nato nel florido Nord emiliano: cosa mai l’ha spinto verso una vita così alternativa ed esclusiva, come la vita monastica? Non ci sono risposte banali, c’è solo rispetto per un uomo coraggioso, che ha tenuto fede per quasi 90 anni alla sua vocazione. Di più, ha voluto modificare questa scelta iniziale giovanile, decidendo autonomamente di affrontare una diversa testimonianza dello spirito certosino, con la sua esperienza eremitica di Soreto. Al proposito, vorrei concludere riportando una frase del fratello e della cognata di Padre Elia, Piergiorgio e Bona, in una lettera a me pervenuta: “Il suo percorso come certosino non è stato facile. Secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II egli avrebbe voluto che l’Ordine cogliesse le novità, che non era venir meno alla tradizione della vita monastica. Voleva accogliere la tradizione del passato per viverla nell’oggi, ritradurla nella fedeltà al Vangelo e nella fedeltà ai tempi che Dio ci ha dato da vivere. Non gli fu possibile. Il Signore preparò per lui altre strade. È sempre stato fedele alla sua vocazione. Il Signore non lo abbandonerà negli anni della sua vecchiaia”.
Così è stato. Così sia.
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