In questo ultimo numero della nostra Rivista abbiamo pensato di proporre a quella parte dei nostri lettori che sono interessati alla visione delle immagini, siano esse foto, dipinti o sculture, una pagina dedicata all’Arte, quella vera, quella che suscita emozione e riflessione, quella che contrasta il male oscuro dell’assuefazione, quella che lancia un messaggio diretto a svegliare la coscienze sopite: l’arte, animale raro ed in estinzione o già estinto. Iniziamo questa rubrica con una giovane promessa, Emily Gallè, figlia del noto serrese Brunello Gallè. Lei ha frequentato il corso di Fotografia presso l’Istituto Europeo di Design ( Ied ) di Milano laureandosi nel 2019. Dopo varie esperienze come fotografa per eventi di moda e quale videomaker nel mondo della musica, ritorna a Catania per lavorare come freelance. Acquisisce nuove esperienze nel campo pubblicitario ma la sua vocazione ideale è quella reportagistica e naturalistica. Ha realizzato un progetto sul mestiere antico dei carbonai serresi “Intra lu fumu”, dove racconta anche visivamente la storia di uomini che vivono da secoli in simbiosi con la terra e il vento e ai quali il fumo appartiene da sempre. Ecco perché abbiamo pensato di recensire le sue foto e la sua personalità nel contesto ritrattistico che stiamo promuovendo.
Si potrebbe facilmente scivolare nell’insidia del giudizio adulatorio dopo avere ammirato alcune foto di Emily Gallè ma il recensore, l’esteta e il critico devono rimanere ben saldi nella loro difficile posizione di super partes affinchè il loro giudizio pur rigoroso, sia credibile, equilibrato e consono al valore delle opere esposte. Tuttavia anche una parte del pubblico, quella più sensibile, allorquando si trova a guardare gli scatti dell’autrice, nell’attimo fuggente del primo impatto tra sguardo smaliziato ed immagine osservata, con l’ausilio del suo istinto primordiale che alberga perpetuo nel suo animo, intuisce che le foto della Gallè si trovano ad un livello superiore rispetto all’ovvietà degli altri, ripetitivi nella scelta dei soggetti e nella manomissione artefatta della realtà, tramite i programmi telematici, diretti a colmare le loro lacune cognitive. La nostra autrice invero, pur essendo ancora nello stato aurorale della professione dovuta alla sua giovane età, nasconde nel suo alveo umano e culturale un mix eterogeneo dove la scelta del soggetto, lo studio, l’estro naturale e la scrupolosità ereditati dalla famiglia paterna, nel momento magico dello scatto, agiscono simultaneamente consegnando l’opera all’eternità. Le foto pubblicate in questo articolo sono ritratti che hanno in comune il nesso filosofico del fumo non solo dei carbonai. Elemento che rappresenta la trasformazione di qualcosa in effimero e di sfuggente, la trasfigurazione della materia che poi si dissolve nell’aria e diviene etere non più percepibile dall’occhio umano. Ed ecco la foto evanescente dei carbonaio che tende a sparire in un’atmosfera rarefatta o quella dall’uomo con capelli e lunga barba che nascondono le ingiurie del tempo con uno sfondo senza tempo e senza luogo o quella immagine plastica dove l’uomo con cappello osserva la pipa sormontato dal fumo a forma di madonnina.
Ed è qui che subentra il ruolo della fotografia che è quello di fermare il tempo, nella fattispecie eternizzare il fumo facendolo materializzare davanti ai fumatori di pipa e intorno ai carbonai. Ed è questo il compito che doveva assolvere l’autrice, superare l’apparenza fisionomica dei volti e penetrare con candore dentro la psiche dei personaggi immortalati, dove aldilà di una barriera diafana giace assisa la Dea Arte che si manifesta agli umani attraverso la Bellezza con il compito di salvare il mondo.
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