Il nostro punto di ritrovo era la vecchia segheria abbandonata dei Bertucci (Cacapraia), alla periferia meno nobile del paese, a ridosso del fiume. Ci si riuniva la’ quasi ogni sera a riversare in avvinazzate conversazioni le emozioni accumulate durante il giorno. Eravamo sempre gli stessi:io, i fratelli Dino e Gerardo Bertucci, Luciano Calabretta, Emilio De Raffele, Vincenzo Amato, Tony Colonna, Alfonso Colonnese, detto Fofo’. Talvolta partecipava Enzo Carchidi.Le cene erano improvvistate e chi arrivava disponeva sull’ampio tavolo segnato dal tempo il proprio contributo in provviste. Scatolette Simmenthal, formaggini , salami commerciali o di fattura locale, pezzi di formaggio avvolti in canovacci da cucina, olive in salamoia, funghi e melanzane sott’olio, arance o frutta stagionale, avanzi di pane di grano duro . Il vino lo si comprava dalla vicina bettola di Manicu.In un bottiglione di 5 litri dalla forma rotonda in vetro verde scuro. Il bottiglione aveva un suo posto prestabilitito, a fondo tavolo , e non veniva mai sollevato prima che raggiungesse i due litri. Il vino si versava inclinando il bottiglione ai bordi del tavolo.Nessuno ha mai pensato di travasare il vino in piu’ comode bottiglie da litro. Ci si sedeva su delle ruvide panche ancora in cappotto in attesa che l’ampio camino riscaldasse l’ambiente e mitigasse l’umidita’ del vicino fiume.Quella notte decidemmo di giocare un brutto scherzo a Fofo’. Arrivammo in segheria un’ora prima del solito per convenire il piano. Io e Gerardo Bertucci quella sera avremmo dovuto essere assenti per delle presunte indisposizioni di salute. Io procurai un megafono sottraendolo alla sezione del Partito Comunista; Gerardo procaccio’ un’orrenda maschera carnavalesca dal volto insanguinato e bluastro.Qualcuno ritenne superflua la maschera , alla quale avrebbe preferito il volto naturale di Gerardo.
Quest’ultimo tronco’ ogni discussione con la sua tipica alzata di sopracciglio e un laconico ‘spiritosi’. Quando Fofo’ arrivo’ la compagnia era gia’ al completo, tranne chiaramente me e Gerardo, voce e volto della serata spettrale, nascosti ,imbacuccati in un pesante pastrano, dietro un cumulo di legna a ridosso della baracca. Per predisporre Fofo’ al giusto umore, quella serata fu dedicata ai racconti ‘di muorti’. Ognuno attingeva alla propria fantasia narrativa per rendere ancora piu’ tetro un posto gia’ di per se’ abbastanza spettrale. Ogni piccolo rumore provocava gia’ dei sussulti. Il vento all’esterno ci metteva anche del suo. Quando fu il momento di attizzare il fuoco ognuno si defilo’ dal compito delegando Fofo’ al primo turno di procacciamento della legna. Fofo’ , intimorito dagli innumerevoli racconti, a malicuore indosso’ un pastrano a tale uso appeso ad un chiodo e usci’ dalla baracca per fare incetta di legna. Quando Fofo’ ci apparve sullo sfondo della baracca leggermente rischiarata dagli sbiechi raggi lunari (anch’essi complici della serata), Gerardo illumino’ dal basso, con una pila, la maschera infernale , mentre io , modulando la mia voce con tremolii tombali , affidai al megafono minacciose ingiunzioni : ‘Vieni a noi, anima dannata’, ‘E’ giunta la tua ora.Vieni, vieni . Gli inferi ti aspettano.’ Fofo’, folgorato dallo spavento, scivolo’ su un ceppo, cadde, si rialzo ed rientro’ nella baracca privo di fiato. Il suo volto non aveva colore. Gli occhi fuoriuscivano dalle orbite ed il suo sguardo era rivolto verso un abisso idi terrore. Farfuglio’ parole sconnesse nominando diavoli, spettri e voci tombali. Non si accorse nemmeno delle incomposte risa del resto della compagnia. Emilio, ripresosi dai conati del riso, accuso’ Fofo’ di poca resistenza all’alcol e si offri’ a sostituirlo nel compito di procacciare la legna. Fofo’ tento’ di dissuaderlo trattenendolo dal bavero del pastrano. Dopo una breve lotta, Emilio apri’ la porta degli inferi e spari’ nel buio. Fofo’ rimase immoto, come se il sangue gli si fosse impietrito. Dall’esterno giunse una lugubre voce : ‘vieni, vieni a noi, docile anima’. Segui’ un grido di terrore e poi il silenzio assoluto. Fofo’,ormai senza volto, si rannicchio’ in un angolo e congiunse le mani in una convulsa preghiera. Gli altri conferendo al riso per mascherarlo tonalita’ di panico cercarono di ricomporsi. Vincenzo ostentando un coraggio che Fofo’ era ormai incapace di notare, fu il secondo ad uscire. La voce spettrale si rifece sentire, poi il grido ed infine il silenzio. Poi fu il turno di Tony, di Dino e quello di Luciano.
Rimasto da solo, Fofo’ tento’ dapprima, ma inutilmente (avevamo assicurato l’alto cancello con una catenaccio), una via d’uscita. Poi come un cane costretto a dimenarsi nel territorio delimitato dalla propria catena inizio’ convulse trattative con lo spettro. Estrasse dalla camicia una catenina con un crocefisso d’oro e ostentandola al di sopra del mento sparse al vento le sue grida di terrore : “ Viva Dio!” , “Viva la Madonna!”, “Viva San Bruno!”. Da dietro i ceppi , tra le convulsion del riso, noi reagivamo agli esorcismi con intermittenze di luci spettrali e voci tenebrose sempre piu’ minacciose. ‘ A breve la tua anima ardera’ nelle fiamme eterne della perdizione’’. Quando gia’ il nostro repertorio di frasi infernali cominciava a languire, Fofo’, in preda al panico , si diede ad un’impresa difficilmente concepibile a mente serena. Con un grido prolungato, quello si’ spettrale, si lancio’ sul cancello e in men che si dica riusci’ a superarlo con dei balzi spaventosi. Poi si diede alla fuga . Noi tutti rimanemmo di gelo e ci rendemmo conto di aver superato ogni limite. Bisognava a tutti i costi ritrovare Fofo’ per evitargli un’immeritata camicia di forza. Riuscimmo a raggiungerlo a qualche centinaio di metri dalla vecchia caserma dei carabinieri. Fofo’ aveva con se’ un bastone raccattato durante la fuga. Gli si facemmo attorno spiegandogli che era tutto uno scherzo; ma lui continuava a brandire il bastone convinto che noi fossimo anime in possesso del diavolo. Era gia’ notte profonda, quando una pattuglia dei carabinieri faceva ritorno in caserma. A corto di argomenti convincenti noi tutti ci dileguammo nella fuga. Fofo’ rimase col suo bastone e ,fortunatamente, non fu scorto dai carabinieri. Ritornammo tutti in segheria e decidemmo di attendere il giorno seguente per rassicurare la povera vittima. Da allora Fofo’ non frequento’ piu’ la segheria e per qualche mese ci rifiuto’ la parola. Noi, impenitenti,ripetemmo lo scherzo con Alfonso Petragnani….ma questa e’ un’altra storia.
Clicca per votare questo articolo!
[Voti: 0 Media: 0]