Come già ricordato in un precedente articolo di questa rivista, su iniziativa del prof. Michele Di Maio ( anni 60’ in poi), un sorrentino caparbio e volitivo approdato nella nostra cittadina per insegnare presso la scuola locale, veniva costituito il C.S.I. Il Centro Sportivo Italiano era un’organizzazione che svolgeva, su tutto il territorio nazionale, varie attività sportive. Tra queste non poteva mancare certamente il più diffuso sport nazionale: il calcio. Venne così organizzato, nel comprensorio delle Serre Calabre, un interessante torneo calcistico cui presero parte diverse squadre di Serra San Bruno e dei paesi limitrofi. Fu l’avvio di un fiorire di giovani talenti naturali che portarono una ventata di novità ed entusiasmo in un contesto fino ad allora privo di qualsiasi organizzazione. Tra le squadre partecipanti al citato torneo, la “San Rocco” di Mongiana annoverava tra i suoi componenti un ragazzo dalla struttura filiforme e nervosa in possesso di doti calcistiche che appartengono soltanto ai fuoriclasse. Una eccellenza assoluta nel panorama calcistico locale: Gesuele La Grotteria. Il torneo del CSI fu l’occasione per portarlo alla ribalta del calcio regionale. Metterà in mostra tutta la sua bravura fatta di rapidità, estro, tecnica e fiuto del goal tra Chiaravalle Centrale (I° categoria) e Soverato (Promozione) prima di essere acquistato dal Campobasso, squadra di quarta serie allenata da Montez. Rimase in ritiro per 15 giorni, poi la lontananza da casa ebbe il sopravvento e ritornò in Calabria. Finirà alla Vibonese che nel giugno del 73’, con il contributo determinante della sua classe e delle sue reti, giocò gli spareggi per l’accesso in serie “D”. Al termine di quel campionato fu ceduto al Pisa in serie “C” ( anni 80’).
Poche settimane di ritiro e, ancora, il ritorno a casa. Al riguardo ci dirà: “Qualcuno sostenne che si trattasse di problemi economici, ma il Pisa mi offriva novecentomilalire mensili, una fortuna a quei tempi; altri sostenevano che il mio problema fossero le donne. La verità è un’altra, ho sempre avuto timore ad allontanarmi dalla mia famiglia, da casa mia. I dirigenti del Pisa cercarono di convincermi dandomi la possibilità di rientrare a casa ogni quindici giorni, ma non ci fu verso”. Continueranno ad interessarsi di lui società professionistiche: Salernitana, Como, Novara, Catanzaro, con riscontri più che positivi. Verrà convocato nella nazionale dilettanti MA, “non c’è verso”. Resterà a Vibo, vicino casa sua, per diventare la stella della Vibonese guidata da Mr. Rodolfi e l’idolo dei tifosi rossoblu. Dirà ancora…: “A me resta il ricordo meraviglioso di un ambiente stupendo e di anni irrepetibili. Non c’è amarezza dentro di me. Forse qualche rimpianto per non aver fatto davvero carriera”. Allo scrivente resta il ricordo di quel ragazzo filiforme veloce, scattante, rapido di piedi che, catturata la palla ci danzava intorno per disorientare l’avversario di turno, scambiarla con i compagni e, quindi, concludere spesso in rete con goal particolari. Ma, soprattutto, di aver ricordato la storia di un calciatore che si è svolta…”vicino casa”, vicino alla famiglia” e, tuttavia, capace di assumere i contorni di una leggenda. La leggenda del fuoriclasse”CECE’”.
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