Il contesto è quello della seconda guerra mondiale, il giovane Pelaia era un aviere della Regia Aeronautica Militare Italiana e prestava servizio presso l’aeroporto di Rodi, città capoluogo dell’isola che prende il suo stesso nome e che fa parte dell’arcipelago del Dodecaneso che al tempo apparteneva all’Italia e che poi passò alla Grecia in conseguenza del trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947. Di lui si sa poco e per le poche notizie ed i documenti reperiti, attraverso i quali cercherò di ricostruire la sua avventura, bisogna ringraziare, rispettivamente, la signora Sibbio Giuseppina in Albano e la signora Posella Rita nipote dell’aviere. Il suo intento era quello di entrare a far parte del personale volante dell’aeronautica ed infatti in una corrispondenza con la sua famiglia, nella quale allegava la foto di un aereo da ricognizione, con grande soddisfazione riferiva “appena fatta domanda mi fu accettata subito, e cosi il giorno 15-12 feci il primo volo, come tu vedi,in questo apparecchio da ricognizione mi trovo io, quello che si vede è il pilota, io mi trovo dentro……..”. Per l’intanto rivestiva la qualifica molto importante di 1° Aviere di Governo, personale scelto che svolge come attività principale la sorveglianza delle infrastrutture aeroportuali e non solo e che al tempo era inserita nella PAM (Polizia Aeronautica Militare), poi sostituita, nell’anno 1949 dalla VAM (Vigilanza Aeronautica Militare). Nel tempo si era distinto per le sue qualità, il suo senso del dovere ed il coraggio dimostrati sul campo tanto che, per ben due volte, fu decorato con la “Croce di guerra al valor militare”, la prima perché:
“Durante numerose incursioni aeree nemiche rimaneva al posto assegnatogli continuando a svolgere il proprio dovere e si prodigava nell’opera di difesa e di salvataggio del materiale, dimostrando sereno sprezzo del pericolo ed alto senso del dovere. – Cielo del Mediterraneo Orientale 28 marzo 1941”, la seconda perché: “Addetto ad un magazzino territoriale di importante base aerea avanzata, durante violenta incursione aerea nemica, essendosi sviluppati alcuni principi d’incendio, si prodigava nell’opera di spegnimento e di recupero del materiale, dimostrando sprezzo del pericolo ed alto senso del dovere- Aeroporto di Rodi 31 agosto 1941”. Sicuramente visse tutta la sua avventura militare nell’arcipelago del Dodecaneso e ne da conferma una lettera scritta di suo pugno e datata “Rodi 8 gennaio 1945-ore 7” con la quale avvisa la sua famiglia dell’imminente fine del suo percorso terreno. La calligrafia ed i caratteri della lettera, dimostrano il suo coraggio e la sua determinazione, oltre che la devozione e l’amore verso il padre e le sue sorelle, in essi nessuna sbavatura nessun tremore, segno della certezza e della verità di quello che diceva, una lettera che fa pensare e fa capire quanto sbagliata ed inutile fu quella maledetta guerra che tanti ragazzi ha portato via alle loro famiglie, ha privato del loro avvenire. Bruno era uno di questi, era fiero della sua giovinezza, era determinato nei suoi interessi tanto che nonostante lo scenario in cui si trovava, lui era contento ed orgoglioso di aver raggiunto un suo obbiettivo, quello di volare, aveva, infatti, effettuato un primo volo su un ricognitore e per la gioia aveva fatto immortalare l’evento mandando la foto dell’aereo sul quale aveva volato ai suoi cari. Non mi sento di commentare il contenuto della lettera perché si commenta da solo, voglio solo riportare, per concludere, il suo commovente testo: “ Rodi 8 gennaio 1945 –Ore 7 – Carissime sorelline, babbo adorato, Fra un’ora dovrò morire!
Voi non sapete la causa della mia morte; ma vi assicuro che nulla di grave ho commesso. Quindi di vostro figlio e di vostro fratello potete essere fieri ed orgogliosi. Vi domando perdono se ho mancato in qualche cosa, vi porto nel cuore fino nella tomba e domando la vostra benedizione. Vi prego di non piangere, invece di piangere pregate il Signore per me, come io dal Cielo non cesserò di pregare per voi. So che rimarrete soli, ma non importa Dio è grande. Vi Bacio e vi abbraccio per l’ultima volta. Vostro indimenticabile Bruno”. A dire della signora Sibbio Giuseppina, per quello che può ricordare e che ha sentito dire, Bruno fu passato per le armi dai Tedeschi in quanto si erano verificati degli ammanchi di materiali nei magazzini della truppa di cui era responsabile e lui pur essendo a conoscenza dei commilitoni che avevano commesso il fatto non volle accusarli prendendosi lui ogni responsabilità e sacrificando la sua vita per risparmiare la loro.
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