I poeti di Spadola ci regalano versi di raffinata fattura che comprendono tanta intensità emotiva che affascina e commuove
“Alito azzurro/di comignoli;/silenzio verde/di pascoli;/gelido accordo/di sorgenti;/orizzonte gibboso/ di abetaie;/respiro di natura,/profanato/da inquietudini.”
Sono versi immediati e di raffinata fattura che ben riescono a dipingere e a mascherare, anche, la malinconia che prende il sopravvento seppur velatamente. Bei versi intessuti di trasparenze, con risonanze e voli sublimali che sanno di un viaggio dalla penna all’infinito della montagna, attraverso il silenzio della sera, al sole, alla luna. È la lirica Il mio paese che introduce la raccolta poetica firmata, a quattro delicate mani, da Franca e Mario Zangari Del Prato dal suggestivo titolo “Emozioni, nostalgia, profumi di terra natia” (Calabria Letteraria Editrice, Soveria Mannelli 2016), riccamente corredata da belle immagini che dànno colore e calore al tempo passato.
Ci troviamo davanti ad un poetico itinerario che proviene “dal letto della terra amica” dove “si sciolgono/gli enigmi dell’uomo!/ Sanguinano i ricordi/e si placano,/nella preghiera del requiem/della sera”; un percorso sereno e tranquillo e tutto rivolto ad assaporare sapori perduti, sogni dispersi e sentimenti nascosti per non lasciarli nell’oblio dell’indifferenza perché, chi leggerà, “avrà modo di riflettere che per comprendere la vita del suo presente, deve necessariamente conoscere e comprendere quella del suo passato” come precisano gli Autori in prefazione al lavoro editoriale.
È evidente una poesia – rivisitazione che, scorrendo sulle ali della memoria, fa ripercorrere, appunto, la pellicola della vita e degli anni passati che ormai appartengono al passato e che comunque testimoniano di una vitalità ricca anche di mordente.
Come in Rimpianto laddove “vibrano i miei pensieri,/come arpe birmane,/e la mia anima,/scalza, s’immerge/nella cenere/del suo passato!/Occhi pietrosi attingono,/a stille di nostalgia,/lacrime senza sale/ed inseguono/fuggitive primavere./ Acque muschiose e tacite/grondano quiete./come immergere/le corde indurite del cuore/e sognare…sognare?!L’inverno mi imbianca;/la notte della noia/incombe!/Alla desolata foce/di quest’ora,/mi attendono/i calzari dell’anima;/e nel cielo,/imbevuto di silenzio,/battono i rintocchi/della mia solitudine.”
Riappaiono volti, sogni e paesaggi che hanno lasciato una loro impronta nel cuore e nell’anima.
Insomma dai versi,di pagina in pagina, emergono pensieri dolci e tenui, eccitati ed inebrianti, quando segnano i momenti più felici dell’esistenza e quando scandiscono una vivace quotidianità senza traumi e brutture, con orizzonti intrisi di gioia, di bellezza, di bontà, di tutti quegli stati d’animo che rendono la vita più ricca e più lieta.
È poesia bella e semplice che comprende tanta intensità emotiva che affascina e commuove.
È un itinerario, come scrive la giornalista Annarosa Macrì, in presentazione, nel quale “è stata incastonata una serie di gemme, delle quali non sai scegliere la più bella: ognuna ha uno scopo, serio e grave, di affermare il valore dei sentimenti, di chiarire una verità, di rimuovere un dubbio o di ribattere un errore…”. Insomma, stiamo snocciolando, ancora per la Macrì, “un rosario di acquerelli e, dentro gli acquerelli, l’espressione di un grande amore, valli declinanti, fiumi che brillano all’ultimo sole, abeti che svettano verdi, uccelli che vibrano a schiere, e rocce muschiate e viottoli a ghirigoro; acquerelli, gemmati spesso della preghiera accorata dell’uomo affaticato, errante su questa terra, e offerta al Cielo, ricurvo per ascoltare: e questa è vera fede, è viva poesia…”. È un poetare essenziale, sobrio, seppur aulico, così come la vera poesia deve essere, non effimero esercizio accademico o inutile ermetismo.
Tanto è meglio esplicitato, dal poeta di Spadola, nella lirica Amore e poesia, in cui v’è scritto che “Serti d’alloro non ho mai cercato,/né lodi vane della fallace gente/o delle corse il premio, tanto ambito!/Gioie d’amor, bramai, intensamente,//e delle Muse il canto melodioso./L’Amor, negli occhi tuoi, i miei trovaro,/Franca cara, e sul grazioso tuo viso,/di pudico sorriso mai avaro.// E delle Muse, pur, gustai il canto,/ pago sostando all’ombra del Parnaso/e la sua cima mai osar scalare:// fù, per Amor, che l’estro mio, sospinto/da studi classici, educati all’uso,/quest’insito desio colle appagare!
Insomma, come ben sottolinea, in quarta di copertina, Francesco Pregoni, la poesia dei coniugi Zangari Del Prato, “sulla quale bisogna seriamente riflettere e meditare, rispecchia la vita con le sue luci e le sue ombre, le gioie e i dolori, i sogni, i sogni e le necessità; rispecchia l’uomo e la società, così come sono nella realtà; rispecchia l’amore, cantato con nobiltà di pensiero e soavità di rime musicali…”
Al postutto, mi piace riportare, facendole anche mie, le parole che gli amici Franca e Mario hanno voluto riferire in prefazione come monumento/monito alle nuove generazioni. Leggiamole: “Abbiamo voluto affidare questi pensieri alla stampa, non solo perché spinti dall’apprezzamento espresso dai nostri preparati figli; ma anche perché il nostro sano cuore di carne, nel quale palpita ancora e vive il miraggio luminoso verso i semplici e preziosi ideali, non ha permesso che essi andassero perduti: senza frode imparammo la conoscenza, e senza invidia la doniamo – ah! Se l’uomo riuscisse a dominare l’innato istinto ribelle, facendo trionfare sempre la verità e la giustizia; forse questa valle di lacrime si trasformerebbe in un Eden di serena vita sociale!” Meraviglioso! Poesia dalla forte valenza pedagogica!