Con l’arrivo delle brutte giornate le nostre case sono sempre piu’ fredde e necessitano di essere riscaldate. L’ uso piu’ comune di riscaldamento è da sempre l’ accensione del camino con la combustione della legna. Per la maggior parte di noi” l’ incubo” diventa la cenere pronta a depositarsi sui mobili e sporcare . Invece la cenere non è un rifiuto, bensì un elemento prezioso che può apportare sostanze utili alle nostre coltivazioni, nel giardino e nell’orto. Ma la cosa piu’ sorprendente è stato scoprire dai racconti di Mia nonna come invece veniva usata agli albori degli anni ’30. La nonna, poco più che bambina, racconta il sabato per le donne casalinghe era il giorno del gran bucato, ma soprattutto era il giorno per far risplendere la biancheria. Considerando che siamo in epoca in cui l’ avvento degli elettrodomestici ancora non c’è stato (arriveranno negli anni ’50 col boom economico), e non si aveva nemmeno la comune candeggina, atta a disinfettare. La giovane Sina ricorda la preparazione di un grande calderone (quaddara) dove sul fondo si mettevano degli stracci ,dell’acqua, un mestolo di cenere, una strato di panni e cosi via gli strati si ripetevano fino all’ orlo. Non c’ erano saponi e la magia di un bucato bianco e morbido era affidata a vivide fiamme che portano a bollore per un intera giornata il tutto. La temperatura elevata dell’ acqua innescava un processo tale da sciogliere le macchie piu’ difficili. A fine giornata il fuoco era spento e i panni non venivano rimossi subito ma lasciati riposare una notte . la mattina seguente l’ acqua in superficie era trasparente e pian piano, senza far risalire la cenere ormai depositata sul fondo, venivano rimossi e risciacquati al fiume. Così domenica mattina prima di andare a messa La sfida piu’ grande era “esibire “lunghe filate di bucato stese al sole!
Clicca per votare questo articolo!
[Voti: 0 Media: 0]
Articoli Correlati
3 Settembre 2017