Nei frammenti concreti della sua vita costruisce e scopre le sue emozioni: passato e presente, gioie e perplessità, si fondono e diventano il filo conduttore di immagini piacevoli.
Caterina Tagliani, Accademica, autrice della raccolta di poesie oggetto di questa nota, acclarata poetessa e scrittrice nativa di Crema ma residente a Sellia Marina. Laureata in Pedagogia ed un Master in Bioetica e Sessuologia presso l’Università Teologica “San Tommaso” di Messina. Pluripremiata in ogni dove, in Italia e all’estero: prestigiosi riconoscimenti le vengono, tra i tanti, dall’Accademia dei Bronzi di Catanzaro e dall’Editore Vincenzo Ursini, dal Circolo Culturale Mario Luzi, dall’Universum Academy Switzerland, dall’Accademia Internazionale e dal siciliano “Il Convivio”. Autrice anche di “Hannah Arendt: libertà e rivoluzione” edito, nel 2014, da Ursini di Catanzaro, saggio di filosofia utilizzato anche per Lectiones Magistrales” nei Licei. Nel 2016 ha pubblicato per l’Editore Il Convivio di Castiglione di Sicilia la silloge “Libero è il vento”, che è una trama, come mi piace ripetere, tutta intessuta dal vento, elemento della natura, filo conduttore che lega tutta l’attività umana e letteraria dell’Autrice come metafora di anelito vitale che esprime in versi, in parole, quel turbinio di sensazioni e sentimenti che agitano il suo io. Sembra, e lo è, una sorta di denuncia per una umanità troppo legata agli odi ed alle violenze, una denuncia accorata ma con una speranza per una diversità di vita. Su questo solco prosegue il suo poetare e lo fa perché , come scrive ella stessa in un contributo pubblicato sulla nostra Rivista Santa Maria del Bosco e anche riportato sul suo recente lavoro editoriale, “non si smette di scrivere ma s’invoglia a scrivere e ogni frase, ogni rigo oggi è considerato poesia: che sia nata dal cuore, ispirata da un evento o da un sentimento, da un ricordo o da un rimpianto, da una gioia improvvisa o da un dolore profondo […] e ogni verso vola alto, libero dalle costrizioni terrene, libero di cantare per eternare la bellezza che intorno come dono ci circonda, libero di cantare ancora il dolore che le tragedie umane opprimono il cuore, libero di cantare l’Amore, l’eterno motore ‘che move il sole e le altre stelle’”.
Così l’itinerario umano e poetico dell’amica, e nostra preziosa collaboratrice, Caterina continua immergendosi negli eventi tragici del nostro tempo ( Nassiriya o Rigopiano), attraversando i luoghi del cuore (Crema, Caprino Veronese, Ferrara, Catanzaro) e sposando l’arte e la poesia che, come scrive in prefazione Giuseppe Manitta, “diventano pura condivisione di idee, mutua ispirazione ma soprattutto di amicizia come per l’orafo della Chiesa e dei Papi Michele Affidato, per la pittrice Caterina Rizzo e l’artista Antonella Oriolo. Tutto questo e molto di più lo troviamo graziosamente e in modo sublime espresso nella raccolta “Kate delle orchidee” edita da Il Convivio nel novembre dell’anno testè trascorso. Significativo il titolo dato alla silloge, perché, sempre per Manitta, “l’orchidea sta al centro, è quella espressione simbolica di vitalità che caratterizza tutta la produzione di Caterina Tagliani, ma al contempo è indice di delicatezza e di profumo.” Delicatezza e profumi di fiori che già si avvertono nella lirica “Un delicato viola” laddove “Un sostegno alle tue membra stanche,/la notte di piacere t’ha appagata/ ed or sei sola, sola nella stanza://…gli occhi socchiudi, s’illumina la stanza,/ i fiori ne decoran le pareti,/ l’alba di un delicato viola, avanza.” E ancora. “ Così è nato delicato il colore,/da un bel fiore che sopra una pietra/ attendeva il mio passo ed il sole.//…Io stringevo ben forte il mio fiore/ e m’avviai verso il sole…/era sorto il colore!”, in “Il fiore e le pietre”. Nei versi della Tagliani tutto è semplice e colorato. Tutto è immediato e chiaro come sorgente d’acqua. È proprio la freschezza che caratterizza il suo canto lirico perché ella nei frammenti concreti della sua vita costruisce e scopre le sue emozioni: passato e presente, gioie e perplessità, si fondono e diventano il filo conduttore di immagini piacevoli e tanto pregne di forti sensazioni. Leggiamo in Come Nassiriya. “Silenzio quando cessano gli spari,/cingoli sulla sabbia con le ruote/ lancian granelli, graffiano la gola,/ arsura, non di sete ma di paura.//…Quante promesse sterili, bugiarde/ restan sepolte qui, come memorie/ che l’uomo crede perenni ma volan via/ travolte son dall’odio e da follia.” La poetessa ama echi e risonanze. Tutto, nella conchiglia del cuore, risuona intensamente e ci viene restituito in un sentimento di pace, d’amore, di fede in forma colloquiale e partecipativa. Un vissuto, insomma, ricco d’amore, un amore che riscopre anche nella delicatezza artistica e nella bellezza di un’opera orafa qual è quella di Michele Affidato di fronte alla quale Caterina non può fare a meno di poetare e pregare con un ritmo calmo, fascinoso ed accattivante con immagini vive e palpitanti. Ecco cosa ci comunica dal laboratorio orafo con la lirica “Non trema la mano”: “ Nella mente il gioiello è già scolpito/ lo sguardo intento sul disegno,/ non trema la mano che colora/ ogni forma, che sia linea o curva.// Incredula l’osservo e non capisco/ tanta bellezza chiusa in un monile/ che sembra eguale eppur sempre diverso,// l’empie di luce e una gemma posa/ che riluce come sole all’alba,/ splende e in controluce/ pare un dipinto fatto alla Madonna.” E l’emozione continua e si fa più intensa, più dolce, più penetrante davanti ai diademi che l’orafo crotonese ha creato per la Regina della Polonia, la Madonna di Czestochowa, e così in Regina Madre: “Come un fabbro ha forgiato monili,/ cesellato, inciso quadri preziosi/ ed or s’appresta con il capo chino// sopra diademi che saran corona/ alla Regina Madre che intercede/ per tutti noi e per chi non ha fede.// Ferite profonde ha la sua tela/ non le ha curate il tempo o l’artigiano,/ sanguina ancora il cuore della Madre/ che non disdegna chi a Lei s’affida.// Ora nuovi diademi alla sua fronte/ brillano come il sole dentro il mare,/ come le stelle all’albero di Natale…/ anch’io m’inginocchio per pregare.” Domina su tutta la raccolta un turbinare di sentimenti, di sensazioni, di moti del cuore. E continuando a sfogliare, pagina su pagina, si leggono versi minimi, asciutti, immediati, ma sempre in moto continuo che chiedono amore e al contempo si fanno preghiera. “Come mendicante ho camminato/ la Fede è il mio bastone che sorregge/ il piè che non vacilla, Madre, / e verso l’alba sono giunto a te,// Le stelle erano spente ormai lassù/ma nel mio cuore arde ancora speme,/ l’umanità è in ginocchio e ancor ti prega/perché consoli e stringi sopra il cuor//ogni loro pena.” (“Come mendicante”). E nella lirica “Madre Consolatrice” dedicata ai pellegrini di Capo Colonna, così canta e prega: “Ci attendevi! E di nuovo il tuo gregge/ Madre Consolatrice,/ alla Tua casa viene, recitando l’Ave.// Mille voci intonano un canto,/ risuonan nell’aria e la sera/ or si veste di celeste incanto/ per portarti la nostra preghiera.// Il mar che circonda il tuo altare/ ora è scuro e la strada scoscesa/ ma non frena il cammino/ che importa se non è discesa?// Il tuo manto è già pronto/ e ci accoglie, si distende/ sui nostri dolori,/ sulle gioie che dispensi e per queste// ogni giorno lodiamo il Signore.”
Leggendo altre liriche se ne ricava che quest’ulteriore prova editoriale dice, ancora una volta, come la poetessa di Crema sia lontana dalle astruserie di certe mode cervellotiche o di manierismi espressivi. Al postutto non posso fare a meno di sottolineare che tutto l’itinerario poetico di Caterina Tagliani affascina, intriga, capace, come è, di catturare anche il più distratto dei lettori e lettrici. Certamente perché è poesia tutta intrisa di buoni sentimenti dei quali oggi si sente gran mancanza, immersi come siamo in un clima spesso pervaso di ostilità e di povertà relazionale.