È poesia “inno all’amore ed esorcizzazione della sofferenza…strumento purificatorio, catartico”
Già la foto di copertina dice tanto. “ Come nella pittura, così nella poesia” è il titolo della mostra che, da questi giorni e fino al febbraio 2019, a Mantova offre al grande pubblico le suggestive opere pittoriche del grande Marc Chagall. La copertina ne ritrae, appunto, una “Coppia di amanti e fiori”, un particolare del 1949, e si può dire che è stata opportunamente scelta dall’Autrice volendo significare la sua poesia come un abbraccio che abbraccia e si ritrae, amore che avvinghia e si allontana, seppur con la delizia di una colorata e variopinta selva di fiori. “Come nella pittura, così nella poesia”. Leggendo una pagina dietro l’altra si è come presi da una continua dicotomia di sentimenti, di emozioni, di situazioni, come meglio esplicitato nella lirica che incipit la raccolta, oggetto di questa nota, “Le intemperie della vita” laddove l’Autrice scrive che “Siamo vicini eppure tanto lontani./ Ci facciamo trasportare dal vento,/ un po’ ci avviciniamo/ e un po’ ci allontaniamo./ Ti chiederei…ma tu chi sei?/ Quest’altalena logora,/ Questo vento non è vento/ e noi non siamo piante./ Vorrei che fossimo come rocce intoccabili,/ come colonne irte verso il cielo:/ passa il tempo, passano le intemperie/ e noi siamo qui…inalterabili,/ sempre uguali;/ vorrei…ma non è così!/ Tu non sei più tu…/cambiato per ogni vento,/ mutato da ogni giorno,/ io non sono più io…/ gelata per ogni freddo per ogni freddo,/ allontanata da ogni inverno.” Ed ancora. Nella poesia “L’incontro”, i sentimenti, le azioni si contrappongono continuamente: “…Mi sono sentita vulnerabile, indifesa./ Ci siamo incontrati, abbiamo parlato/ senza dirci niente,/ ci siamo toccati senza toccarci/ poi mi hai salutata…/…Ho cercato di nuovo il tuo sguardo/ ma tu non c’eri più…” Stiamo leggendo una sorta di diario breve, non molto datato, di vita fatto di immagini che si rincorrono con una loro precisa identità, un’asciuttezza espressiva come uscita dalla scrigno di un cuore sofferente, per mostrare una capacità d’amare viva, gioiosa e partecipativa. Qui l’Autrice percorre un itinerario che le è vivo nel sangue, lo approfondisce, lo esalta, lo stigmatizza senza enfasi e rende il verseggiare vivo, palpitante. Questo diario, itinerario, è tutto ben tracciato nella silloge poetica “Il mio mondo” edita, lo scorso mese di maggio, da Città del Sole, di Reggio Calabria,. Si tratta del mondo di Grazia Bertucci di Simbario ma residente a Serra San Bruno dove esercita la professione di avvocato, poetessa per passione letteraria e per esigenza interiore. Il mondo dell’amica Grazia vuole essere, come scrive la stessa in seconda di copertina, “un inno all’amore (amore per il proprio uomo, amore vissuto e amore ideale, amore per i figli, per la natura e per tutto ciò che ci circonda) ma, allo stesso tempo, è un’esorcizzazione della sofferenza. Poesia come strumento purificatorio, catartico; attraverso essa si rivivono e si affrontano quei momenti della propria vita estremamente dolorosi, liberandosi così dalle sofferenze dell’anima.” Ma se la poesia è “strumento purificatorio, catartico,” verrà sicuramente “la quiete dopo la tempesta” come auspica ella stessa in un’altra lirica. Notiamo in questa silloge, seppur non molto corposa, una tensione lirica alta e densa frutto di un vissuto fatto di curve, tornanti e zig zag, rettilinei e piani panoramici.. La poetessa con un linguaggio asciutto, ci offre una sua tavolozza ricca di varie modulazioni dove i colori si fondono in un cromatismo lieve e tenero. A squadernare la silloge ritroviamo la poetessa serrese che, seppur giovane, è ricca di una sua saggezza, Tale stato d’animo è stato raggiunto dalla Bertucci attraverso un percorso di vita profondamente sofferto e, nel marasma quotidiano, mai ha ammainato la bandiera della speranza, della gioia. Basta leggere “Correre per il mondo” dove la poetessa di Simbario “ come un cavallo vorrei correre libera/ per il mondo,/ conoscere vita e sentimenti/ di tutte le persone che incontro./ Bramo di essere viva, vera,/ parte del mio universo./ Nessuno che mi imbrigli…” Al postutto, dalle pagine di Grazia Bertucci, ricaviamo una poesia scarna nel suo enunciato, viva nel suo nucleo emozionale, palpitante di desideri antichi attraverso una vitalità vera e vissuta seppur talor sofferta.