sfondo-RM-2023

Rivista Santa Maria del Bosco - Serra San Bruno e dintorni

Domenico Calvetta
Marco Calvetta
white_search.png

DOVE CI TROVI

  • Profumo di Pane
  • Coop Serra San Bruno
  • La Bottega del Pulito
  • Serfunghi di Luigi Calabretta
  • Edicola Grenci
  • Bar Scrivo
  • Congrega Assunta di Terravecchia 
  • Museo della Certosa
  • Istituto Einaudi
  • Edicola Barillari
white_tick.png

Donazione

Aiutaci a sostenere la rivista! Fai una donazione spontanea.

Amount:


Otticairene
Different
Non solo frutta delle 2 P

Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
A+ A A-

In paradiso non si va con la mozzetta.
La guerra della motetta IIl rettore della Chiesa di Spinetto, don Luigi Anastasio, appresa la notizia che don Domenico Rachiele era stato insignito della mozzetta violacea, andò su tutte le furie. Era convinto che quella onorificenza, che gli dava il diritto di far parte della Cappellania della Chiesa Matrice, spettava a lui, pur essendo un sacerdote della chiesa di Spinetto. E questo perché, a suo modo di vedere, tra i sacerdoti di Spinetto e quelli di Terravecchia doveva esistere il principio della par conditio. Non metteva in conto, il povero don Luigi, il fatto che chi aveva gli onori doveva addossarsi pure gli oneri e i sacerdoti della Cappellania di Terravecchia avevano il compito di sopportare i cosiddetti ‘pesi’, consistenti nell’obbligo di celebrar messa in certi periodi dell’anno, recitare l’ufficio di San Bruno, partecipare alle principali funzioni religiose e così via, mentre i sacerdoti di Spinetto, liberi da ogni adempimento di questo genere, se la spassavano. Nel caso di don Luigi Anastasio, poi, lo spasso principale consisteva nel fare lunghe passeggiate sul corso proprio mentre i colleghi sacerdoti di Terravecchia erano in chiesa a celebrare. Sta di fatto che don Luigi non volle sentire ragione. Era lui il sacerdote designato a prendere il posto nella Cappellania della Chiesa Matrice, lasciato libero da don Giuseppe Giancotti, morto il 4 marzo 1974. Così aveva promesso il vescovo di Squillace che, ora, non poteva rimangiarsi la parola data. Memore di quella promessa, il reverendo Anastasio il giorno successivo, come un fulmine a ciel sereno, fece le valige e corse a Squillace per porgere personalmente le sue lamentele al vescovo, mons. Raffaele Morisciano. Fatto sta che il vescovo, vuoi per la forte influenza che don Luigi Anastasio esercitava su di lui, vuoi per la sua debolezza di carattere che lo rendeva incapace di dire no all’anziano rettore della chiesa di Spinetto, si fece convincere e, non avendo altro di meglio da offrirgli, lo nominò cappellano onorario della medesima chiesa di Serra col diritto di far parte della Cappellania e di indossare la papalina e il mozzetto violaceo.
Tornato a Serra, don Luigi, forte della nomina avuta dal vescovo, attese con ansia l’occasione opportuna per esibire in pompa magna la sua divisa in mezzo agli altri sacerdoti della Cappellania della Chiesa Matrice. L’opportunità si presentò la sera del 12 luglio, quando in occasione della domenica bisognava celebrare nella Chiesa Matrice i vespri in forma solenne. Ma i sacerdoti di Terravecchia, che fin dal giorno precedente avevano avuto sentore delle intenzioni del reverendo Anastasio, per non essere colti di sorpresa, si riunirono per decidere il da farsi. In un primo momento avevano stabilito di sospendere del tutto la celebrazione dei Vespri. Poi accettarono la proposta fatta da due sacerdoti, don Giuseppe Salerno e don Bruno Gerocarni, i quali consigliarono di non sospendere i vespri per non creare dissapori tra il popolo, ma di recarsi nella stessa mattinata di domenica dal reverendo Anastasio per convincerlo a non presentarsi in chiesa almeno fino a quando le cose non sarebbero state chiarite col vescovo di Squillace. Cosi’ fu fatto e, dietro le insistenze dei due sacerdoti, che si erano recati a trovarlo a casa, don Luigi si mostro’ propenso ad accettare. Ma avvenne che la sera stessa, nel bel mezzo della celebrazione del Vespro, il reverendo Anastasio con gran sorpresa di tutti, non mantenendo la parola data, fece il suo ingresso in chiesa, vestito con la papalina e la mozzetta violacea. Immaginate lo stupore della gente e, soprattutto, la rabbia dei cappellani i quali, colti di sorpresa e messi di fronte al fatto compiuto, sul momento nulla potettero fare se non ingoiare il rospo e sopportare per tutta la cerimonia l’indesiderata presenza dell’intruso.
Ma, spuntata l’alba del giorno dopo, i sacerdoti della Cappellania di Terravecchia si presero la rivincita. Tre di loro, don Francesco Minichini, don Ferdinando Manno e don Luigi Giancotti, volarono a Squillace e chiesero udienza al vescovo Morisciano. “Noi vogliamo sapere –disse al vescovo il Minichini –come Vostra Eccellenza abbia decorato il sacerdote Anastasio del mozzetto della nostra collegiata, quando noi portiamo i pesi di Ufficiatura e di Messe cantate per tale decorazione ed il R.ndo Anastasio si diverta con belle passeggiate.” Il vescovo al suon di quelle parole e delle altre proferite nell’occasione anche dagli altri due sacerdoti, cercò di tergiversare, sostenendo che, se non aveva fatto le cose giuste, era tutto il clero di Serra a doversi lamentare e non solo loro tre. A queste parole il reverendo Manno rispose: “Eccellenza, voi il clero volete? E il clero avrete!”. Chiusero il discorso e fecero ritorno a Serra, raccontando a tutti gli altri sacerdoti quello che aveva detto il vescovo.
Il cronista non lo dice, ma sicuramente quel giorno in chiesa succedette un vero e proprio pandemonio: tutti, nessuno escluso, volevano andare dal vescovo per fargli capire una volta per tutte che nessuno di loro voleva che il reverendo Anastasio venisse decorato. Ma trenta sacerdoti erano troppi per presentarsi insieme e chiedere udienza al vescovo. Sarebbe stato un vero e proprio assalto alla Curia di Squillace. Allora il reverendo Gerocarni, che forse era il più savio di loro, avanzò l’idea di nominare solo quattro sacerdoti “che abbiano coraggio e testa dura per non essere con belle maniere congedati dal vescovo, e non fare noi tutti una brutta figura” e inviarli da Sua Eccellenza, investiti in forma ufficiale e a nome di tutti per andare a trattare, portando al vescovo una lettera sottoscritta da tutto il clero e un’altra stilata dal Sindaco. La consegna era questa: “presentarsi al vescovo, affinché si piaccia rivocare la licenza data al R.ndo Anastasio di vestire il mozzetto, concesso alla nostra Collegiata, e qualora il vescovo non volesse revocare la licenza data, pensare cosa debbasi fare in appresso.” Per quella importantissima e delicatissima missione furono scelti i sacerdoti Giuseppe Tucci, Domenico Rachiele, Ferdinando Manno e lo stesso Bruno Gerocarni.
La partenza per Squillace avvenne verso la metà del mese di luglio quando, come si suol dire, il sole spaccava le pietre. Non pochi, infatti, furono i disagi sopportati dagli ambasciatori nel corso del loro viaggio a causa del caldo. Più volte furono costretti a scendere dalla carrozza e sdraiarsi sotto gli alberi per rinfrescarsi. Fu proprio nel corso di una di queste soste forzate che uno di loro, e precisamente il reverendo Gerocarni, buttandosi a terra sotto un albero, stremato disse: “E manneja li muorti di lu mpiernu! Vidi quantu ndindi facia chidu strafuttutu previti di lu Spiniettu.” Tutti si misero a ridere, ma poi il viaggio riprese e nonostante le infinite difficoltà la comitiva giunse a destinazione. I quattro sacerdoti, una volta al cospetto del vescovo, consegnarono per prima cosa le due lettere, poi aprirono il dialogo spiegando per filo e per segno le ragioni per le quali don Luigi Anastasio non avrebbe potuto avere quella decorazione e supplicandolo con vera umiliazione. “Eccellenza, –dicevano- cacciateci da questa guerra perché in Paradiso non si va con la mozzetta”. Ma il vescovo da questo orecchio sembrava non sentire e ogni volta ribatteva con argomenti favorevoli all’investitura del reverendo Anastasio. I quattro sacerdoti, dopo aver provato tutte le buone maniere, in considerazione che il vescovo non si rammolliva, passarono anche alle minacce. A proferirle fu, per primo, il coraggioso reverendo Gerocarni che con tono risoluto disse: “Monsignore, se volete favorire il reverendo Anastasio, noi, invece di ritornare in Serra, da Squillace partiremo per Roma a consultarci con un dotto canonista, e qualora non avremo favorevole risposta, tornando a Serra il Clero rinunzierà in corpo agli onori della Collegiata, affinché il popolo sappia le vostre tenerezze verso il reverendo Anastasio.” Essere portato in tribunale in seguito al parere di un canonista e trovarsi, poi, di fronte alle dimissioni in massa di tutti i Cappellani della Collegiata e avere anche contro la popolazione serrese, non era certo per il buon vescovo di Squillace una bella prospettiva. Così, ascoltate quelle non certo tenere parole, l’anziano prelato comincio’ a balbettare, anzi, come dice il cronista, non proferì più parola, ma trovò solo la forza di dire: “Voi serresi siete molto focosi. Partite, che io scriverò al reverendo Anastasio affinché sospenda di vestire il Mozzetto!” Era fatta! Il vescovo aveva finalmente ceduto! Ma i quattro sacerdoti ‘testadura’ non partirono. “Noi stessi –così stabilirono – dobbiamo portare a Serra la lettera del Vescovo, diversamente faremo una frittata. Sì, non partiamo.” Tornati in locanda, per tutta la notte non riuscirono a prendere sonno. Quei letti sembravano di braci, i muri erano infocati e la stanza sembrava un Purgatorio a causa del caldo eccessivo della giornata. Il cronista dice che quella notte si sono arrostiti come San Lorenzo sopra la graticola. Il mattino seguente tornarono nuovamente all’episcopato e chiesero udienza. Il cameriere del vescovo cominciò a prendere scuse: “Oggi Sua Eccellenza è molto occupata.” Al che il solito Gerocarni rispose: “E noi staremo qui per oggi, per dimani e per molti giorni in Squillace, finché Sua eccellenza sarà comodissima a riceverci.” Detto questo, si sedettero nella sala d’attesa con l’intenzione di non rialzarsi più nemmeno con le cannonate. Al povero cameriere non restò altro da fare che riferire tutto al vescovo il quale, intesa l’antifona e comprendendo che non c’era altro mezzo per levarseli di torno, senza nemmeno riceverli, scrisse la lettera e dal cameriere stesso la fece consegnare. I quattro reverendi cominciarono a fare salti di gioia e, con la lettera in mano, si affrettarono a tornare. La notizia della destituzione dalla carica onoraria di cappellano del reverendo Anastasio si sparse in Serra a macchia d’olio e tutta la popolazione si radunò a San Rocco per accogliere trionfalmente i quattro sacerdoti al loro arrivo. In paese si fece festa grande e tutti mangiarono e brindarono felici di non essere stati sopraffatti da un sacerdote ambizioso, che voleva vestirsi delle penne del pavone per fare una bella mostra di se’ nella Chiesa di Spinetto. Immediatamente la lettera tramite il sacrestano fu consegnata al reverendo Anastasio il quale, riferisce il cronista, dopo averla letta impallidì “vedendo e leggendo in essa, la sua grande sconfitta”. Dovete, però, sapere che la cosa non finì lì, perché don Luigi Anastasio non si arrese e qualche giorno dopo…

(Continua...)

La guerra della motetta IMi accingo a narrare una vicenda storica che per la sua singolarità merita di essere ricordata dal popolo di Serra San Bruno. Essa coinvolge tra le sue pieghe il vescovo di Squillace  mons.  Raffaele Morisciano e tutti i sacerdoti della Cappellania della chiesa Matrice di Terravecchia. Mette in risalto la tendenza  ai favoritismi personali da parte di prelati che, per la loro carica e posizione, avrebbero dovuto mantenere un comportamento imparziale. E mette in risalto, altresì, l’ambizione e la vanità dei sacerdoti serresi che, pur di raggiungere i loro obiettivi, non esitavano a mettere sotto i piedi la carità cristiana e i precetti religiosi, dimenticandosi di essere seguaci di Cristo ed educatori del popolo. Tengo, comunque, a precisare che di tutto questo non c’é da farsi meraviglia, ne’ tantomeno c’é da scandalizzarsi perché i tempi non erano certo facili e ognuno doveva farsi spazio nella vita come meglio poteva e con le armi che possedeva. Dio misericordioso sicuramente dall’alto comprendeva e perdonava tutti.

 

A Serra San Bruno le vocazioni sacerdotali non sono mai mancate. L’  ‘800  può considerarsi il secolo piu’ proficuo, tanto che  in paese officiavano in media tra i 20 e i 35 sacerdoti, dislocati alla bisogna  tra la chiesa Matrice di Terravecchia e quella di Maria Vergine Assunta del quartiere Spinetto.  In un tale affollamento era naturale per un prete andare in cerca di cariche onorifiche che gli consentivano di avere una certa supremazia sui colleghi e di aumentare i propri introiti finanziari. 

Nel 1874 facevano parte della Cappellania della Chiesa Matrice di Terravecchia ben dodici sacerdoti i quali indossavano come segno distintivo di questa onorificenza  la papalina e il mozzetto di color violaceo. Accadde che il 4 marzo di quell’anno passò a miglior vita uno di loro: un certo don Giuseppe Giancotti il quale, morendo, lasciò libero un posto nella Cappellania. Tale posto spettava di diritto al sacerdote don Domenico Rachiele che, proprio in quel periodo, si trovava a Monterosso per un ciclo di predicazioni in occasione della Quaresima. Successe che, inaspettatamente per tutti, si fece avanti per chiedere la carica di Cappellano un sacerdote della chiesa di Spinetto, certo don Luigi Anastasio, rettore di quella medesima chiesa. Quest’ultimo portava a suo favore quanto stabilito dal Capitolato del 1805, stilato tra il clero della chiesa matrice ed i sacerdoti dimoranti a Spinetto,  alla presenza del priore della Certosa don Gregorio Sperduti e di mons. Tommasini, vescovo di Oppido, venuto a Serra per mettere pace tra le due fazioni e fissare regole di comportamento che prevedevano l’uguaglianza tra i sacerdoti di Spinetto e quelli di Terravecchia.

Sta di fatto che il reverendo Anastasio, sapendo che avrebbe trovato ferma opposizione da parte della Cappellania di Terravecchia, si rivolse direttamente al vescovo di Squillace, S.E mons. Raffaele Morisciano il quale, prima di prendere una decisione, consultò sull’argomento un altro sacerdote serrese, don Bruno Maria Tedeschi, che il quel frangente capitò a  Squillace sempre per via delle predicazioni della Quaresima. Mons. Tedeschi spiegò al vescovo Morisciano che don Luigi Anastasio, essendo un sacerdote della Chiesa di Spinetto, non aveva diritto a vestire la papalina e la mozzetta violacea e ricordò al prelato che i sacerdoti di quella Chiesa, al momento dell’istituzione della Collegiata della Chiesa Matrice, avevano rinunciato a far parte della Cappellania per evitare l’obbligo di partecipare in tutte le domeniche e feste comandate a prendere parte alla recita dell’Ufficio davanti la statua e le reliquie di San Bruno, che in quel tempo si trovavano custodite nella chiesa Matrice in quanto la Certosa era stata chiusa dal 15 maggio 1808 a causa della rivoluzione francese.  E, poiché il reverendo Anastasio, per far valere le sue pretese, richiamava quanto sancito nel Capitolato del 1805 alla presenza del priore Sperduti, don Bruno evidenziò che la Chiesa Matrice dal 1827 non dipendeva più dal Priore della Certosa ed era stata elevata a Chiesa Arcipretale Protopapale dal vescovo di Gerace,  mons. Pellicano. 

Intanto don Domenico Rachiele, legittimo erede della carica di Cappellano, di ritorno da Monterosso, fu informato delle trame di don Luigi Anastasio e del suo tentativo di usurpargli la carica. Don Rachiele andò su tutte le furie e, chiamato in disparte il reverendo don Giuseppe Salerno, che all’epoca rivestiva la carica di economo curato, lo apostrofò con queste testuali parole: “Ho saputo che voi ed il  R.ndo Anastasio, mi state facendo un bruttissimo giuoco, ma vi la farò pagare troppo cara: appresi che ambidue, avete e state intrigando presso Monsignore, a non dare il doppio Mozzetto disponibile per disgrazia del fu R.ndo D. Giuseppe Giancotti, a me, che ho portati i pesi e mi spetta per diritto, ma bensì al R.ndo Anastasio per vie d’intrighi e cavillosi sofismi. Sappiate, che qualora, voi riuscirete a farmi un tradimento, co’ vostri maligni disegni, mi basterà il coraggio a tagliarvi le viscere in pubblica Chiesa e ricordarvi del mio nome.” La minaccia di morte era stata fin troppo chiara e sicuramente il povero curato non tralasciò di rifletterci molto sopra, tanto che si affrettò a riassicurare don Rachiele che lui nella questione non centrava niente e che avrebbe scritto al vescovo per perorare  la sua causa. Sta di fatto che, grazie ai consigli dati al vescovo da don Bruno Maria Tedeschi e grazie anche alle minacce fatte al curato, don Domenico Rachiele ricevette la carica, sancita con una bolla del vescovo e giunta a Serra tramite corriere nel mese di giugno di quello stesso anno.  La sera della Vigilia della festa di San Pietro nella chiesa Matrice si fece festa grande. Don Rachiele e’ stato ufficialmente insignito della carica di Cappellano ed ebbe l’onore di indossare la papalina e la mozzetta violacea, proprio com’era suo diritto. Il cronista riferisce che in quella occasione il popolo serrese fu molto contento, tanto che quella stessa sera si fece nella sagrestia della chiesa un gran festino con tutti i ristori per i partecipanti e con tanti auguri di felicità per don Rachiele il quale aveva ottenuto a giusto merito quello che voleva. 

Ma la cosa non è finita qui perché il reverendo Anastasio non ingoiò l’affronto fatto alla sua persona e il giorno dopo… (segue nella seconda parte)

 

white_info.png

Annunci in Bacheca

  • image
  • image
  • image
Previous Next
Tucci Motors

Come eravamo - Foto d'epoca

Loading script and Flickr images

The Best Bookmaker Betfair Review FBetting cvisit from here.

Traduttore

Italian English French German Spanish
white_arrow.png

Calendario articoli

Aprile 24
L M M G V S D
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 1 2 3 4 5

Seguici su facebook

white_arrow.png

Articoli più letti

  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Prev Next

Fatti straordinari: NATUZZA MI DISSE: “ …

Fatti straordinari: NATUZZA MI DISSE: “ Guardate meglio il Vostro orologio…adesso mi credete?”

Hits:42932|VISITE Franco Inzillo - avatar Franco Inzillo

Il lungo calvario di Natuzza Evolo

Il lungo calvario di Natuzza Evolo

Hits:22708|VISITE Sharo Gambino - avatar Sharo Gambino

Inchiesta su Paravati | Il caso di Natuz…

Inchiesta su Paravati | Il caso di Natuzza…una diatriba per denaro e potere!

Hits:17001|VISITE Domenico Calvetta - avatar Domenico Calvetta

Il mistero della foto di Padre Jarek.

Il mistero della foto di Padre Jarek.

Hits:13816|VISITE Domenico Calvetta - avatar Domenico Calvetta

La mia terra spogliata di tutto dal 1860…

La mia terra spogliata di tutto dal 1860 ad oggi!

Hits:13574|VISITE Antonio Nicoletta - avatar Antonio Nicoletta

Rivista Santa Maria del Bosco - 89822 Serra San Bruno. Reg. n. 1/15 Tribunale Vibo Valentia. Copyright © 2021 Rivista Santa Maria del Bosco. Tutti i diritti riservati. Web Designer Marco Calvetta

Questo sito utilizza cookies. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookies clicca su “Maggiori Informazioni” e leggi l’informativa completa. Cliccando sul tasto “Accetto” acconsenti all’uso dei cookies. Maggiori Informazioni